lunedì 26 maggio 2025

#SPILLI / Formazione, quando la IA è pericolosa (Massimo Ferrario)

Da quando è uscita la versione in italiano, sto provando la IA Notebook LM di Google. Ho caricato articoli (brevi e lunghi, specialistici e divulgativi), racconti (brevi e lunghi, anche in forma di romanzi), poesie (singole e raccolte), slides formative (usate in tante aule di seminari). Risultato: eccezionale. Lo strumento ha rivelato una ‘potenza didattica’ incredibile. Non solo nella sua parte più appariscente e seduttiva (la trasformazione dei contenuti in ‘overview audio’ a due voci, artificiali ma rese perfettamente naturali, con errori di pronuncia solo nello 0,% dei casi), ma anche per la quantità/qualità dei feed-back che restituisce: riepiloghi scritti di quanto caricato, domande didattiche di approfondimento e verifica dell’apprendimento sui testi proposti, brevi guide allo studio dell’argomento trattato, mappe mentali…. 

Insomma: a differenza di altre ‘macchine’ IA, qui è evidente la finalità progettuale: si vuole facilitare l’apprendimento, spiegando, valorizzando, approfondendo, connettendo, in orizzontale e in verticale, i vari punti dei temi inseriti. Nessuna valutazione: se carichi una poesia, non ti dice che il tuo lavoro è una ‘magnifica’ (o pessima) poesia e tu sei un ‘grande’ (o pessimo) poeta: non esercita alcuna ‘critica letteraria’, ma semplicemente ti spiega meglio cosa hai detto, sottolineando i punti salienti che più fanno capire ciò che volevi dire.

Il fatto che questo tipo di IA non restituisca una valutazione dei contenuti che hai caricato è tranquillizzante: significa che la macchina sa di essere priva di ‘pensiero critico’ e non si azzarda a spacciare i valori del progettista, con tutti i suoi bias impliciti, per ‘pensiero critico oggettivo’.

Questi punti forti sono però anche un problema: specie se ci ‘innamoriamo’ della funzione ‘podcast’ (che, più che ‘podcast’, è correttamente chiamata ‘overview audio’). Perché? Perché possiamo cadere in un tranello e accettare l’invito, per nulla esplicitato, ma equivocato perché sottilmente implicito e suadente, a usare questa IA in modo ‘autonomo’: trasformando la funzione ‘didattica’, certamente presente e potente, in funzione automaticamente e di per sé ‘formativa’, scaricando alla macchina ciò che la macchina non può fare senza la figura umana dell’insegnante/formatore che ne favorisce un intelligente utilizzo, anche giustamente e sanamente ‘critico’.

Mi spiego. Diversi amici, per lo più giovani e abituati a sperimentare la formazione nell’accezione e prassi oggi dominante nelle imprese, hanno esultato. «Perfetto: finalmente adesso si possono bypassare quei pochi seminari ‘in presenza’ ancora non cancellati dalla ‘formazione’ online imperversante, facendo semplicemente ascoltare un audio, ad esempio su temi di comportamento organizzativo, in auto o per strada».

Credo vada ricordato, a chi non sa cosa sia ‘formazione’ (anche incolpevolmente, perché oggi la formazione, con la versione online, è pressoché scomparsa dalle prassi di impresa e chi non ha passato non ne ha conoscenza) cosa si debba intendere per tale ‘concetto’ e, soprattutto, per tale ‘pratica’. Procedo per punti sintetici, ben sapendo che ogni punto richiederebbe pagine di approfondimento.

Per fare ‘formazione’ (e non ‘informazione’) occorrono almeno tre condizioni, che ne costituiscono il ‘setting’: si tratta di tre condizioni indispensabili, anche se insufficienti. La prima è data dalla presenza di un ‘luogo fisico’ in cui siano ‘fisicamente’ presenti (la ridondanza è voluta) tutte le parti protagoniste (formatore e partecipanti) e nel quale tutti possano ‘dis-connettersi’ dalla realtà operativa, facendo fuoco e pensando criticamente a quanto viene discusso: selezionando i messaggi cruciali, metabolizzando e introiettando ciò che ‘va portato a casa’. La seconda condizione è fornita dalla garanzia di avere tempo sufficiente per ‘ri-flettere’: non solo individualmente, ma in gruppo e tra gruppi. La terza condizione prevede la possibilità di godere di ampio spazio per l’apprendimento ‘orizzontale’ (tra partecipanti) oltre che ‘verticale’ (da formatore a partecipanti). 

Senza questo setting, con il quale la discussione deve ‘farla da padrona’, avendo garantiti i suoi tempi ‘lunghi-e-approfonditi’, non si fa formazione. Si fa altro: anche quei ‘talkshow’ da palcoscenico o da televisione, che spostano aria, più o meno ‘fritta’, magari facendo pure divertire chi si accontenta del ‘bla-bla’. 

Con le tre componenti essenziali del ‘setting di formazione’ sopra abbozzato si può cominciare a ‘facilitare l’apprendimento’. Che è una cosa seria (anche costosa), ma è l’unica che, se pure non assicura automaticamente l’’ap-prendimento’ (moto a luogo: ‘alzarsi e andare a prendere’), più probabili-sticamente è in grado di innescarlo. 

Se accettiamo quanto sopra dovrebbe essere evidente che qualunque IA, e in special modo Notebook LM, può essere un mezzo anche fondamentale di formazione, ma non può sostituire il ruolo di chi, con le competenze tecniche e psico-socio-relazionali di un umano, aiuta, con l’intelligenza umana, altri umani a imparare.

*** Massimo FERRARIO, 1946, Formazione, quando la IA è pericolosa, ‘Mixtura’ (masferrario.blogspot.com), 26maggio 2025 


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